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Quasi proposizioni


io scrivendo vorrei rendere qualcuno più come me

io sono un volume colmo di carne, ma un volume colmo di carne non sono io

potremmo essere meccanismi addestrati a eseguire un io

bisogna ragionare col proprio alone
bisogna rendere le parole incandescenti, bisogna farne affiorare l'eccesso, ciò che le eccede – l'incomprensibile – bisogna strizzarle, sbatterle, trattarle con la chimica delle lettere finché secernano, espellano quel loro tenue - umido sfolgorio

scrivere è dare la tinta all’invisibile

ogni parola è un compleanno – un punto in cui si festeggia la nostra esistenza

dover andare al lavoro ogni mattina imprime irrimediabilmente una curvatura alla giornata, un coefficiente di curvatura, che la rende infine circolare

cavalcavia che racchiude un sole decombente – io sono stato questo, più di quanto sia stato la strada, prima e dopo

oggi, sono stato un ritaglio di cielo, con delle nuvole sfilacciate, e davanti una casa, poi la lamiera cromata di un'automobile, e infine una ragazza che usciva da scuola, e mi guardava (cioè guardava sé nel me che la guardava)

la gentilezza, eufemismo ad uso di coloro a cui fa schifo il mondo.
l’accolita dei gentili, e le loro sordide, untuose combutte!
le cose vere della vita, la nascita, la morte, l’amore, sono cose violente – non sono cose gentili


sogno un mondo in cui buongiorno significhi veramente buongiorno, e in cui dunque sia perfettamente inutile dirlo

la bellezza, l’emozione, polluzioni del divino nella superficie del mondo.
punti d’addensamento, dove il segnale collassa, e dilaga in me


nessuno può amarci per quel che siamo, perché quest'entità è opaca, è sepolta al di sotto del mondo, o forse è spaventosa. le cose avvengono solo fra i nostri rappresentanti, sono i nostri rappresentanti che contrattano la vita per noi, che respirano, agiscono, amano ecc - forse noi interveniamo solo per nascere e morire, o pochi altri istanti, forse senza che ci riconoscano

il corpo, fa spuma. vuoti d’aria, pneumi, bolle fra i filamenti, fra le bave sonore che protende, gonfiori, riflussi nelle posture, aloni e luminescenze delle carni che trasporta, fanno di noi corpi con un nome, un senso, un’identità
altri corpi, che vedo, ne sono irrimediabilmente privi, e perciò li amo

ieri, di fianco alla porta, sfiorando la porta, ci siamo guardati con l’abbandono (come se fossimo due carni perdute nel cosmo)

che significa sentirsi vicini all’anima di un altro?
noi siamo sempre vicini e compenetrati a ogni altra anima, quando ci baciamo o quando siamo imbarazzati dal salumiere

solo il futuro ci appartiene. il futuro che può ancora accadere. e sul futuro si regge la vita di ciascuno. ma il problema è che, questo futuro, accadrà?

in questo mondo in cui tutto è impossibile, proprio perché è accaduto, e come avrebbe potuto?

il sacro, è il luogo dove la realtà si intensifica, e impone la sua incomprensibilità

dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, tranne i contorni

dio ci dispera, per fare la parte della via di scampo

la prova che dio esiste è la nostra smania di fare cose inutili

di un Crocefisso senza arte né parte ce ne saremmo fregati, noi amiamo il Crocefisso perché sappiamo che ha vinto (che si è schiodato)
(siamo un po’ tutti come quelle segretarie a cui piace consolare il manager nei momenti di tristezza)

dio aveva anche un altro figlio, un oligofrenico della bassa galilea che fra gli uomini non ebbe la stessa fortuna del fratello

in ognuno di noi c’è un dio crocifisso che vuole risorgere
questo è forse il segreto del successo del cristianesimo

una nuova rivelazione che annunci: state lontani da me e non vi fate mai più vedere, né da vivi, né da morti

io non credo in Dio, ma in suo fratello, Dino

manchiamo dell’eternità meno 60 anni

il mondo non è ineccepibile come un calzino di piero angela

chi percepisce lucidamente la realtà è detto sano, chi ne percepisce lucidamente il fondo, è detto pazzo

la ragione è una regina nel relativo e una stracciona negli assoluti

non esiste causa-effetto, esiste una coincidenza della fine della causa con l'inizio dell'effetto

abbiamo adibito la materia e il corpo alla vita, quell’ammasso di materia pastosa e inerte che è il cervello all’io, alla coscienza. il problema, è contrastare il ritorno di queste cose alla loro natura originaria, il dramma è che è impossibile

tutto aspira alla bellezza, perché solo alla bellezza è concessa l'inerzia

io sono un abitante dell'occidente pacificato, in cui la morte ci aspetta più compassatamente e civilmente, senza aggredirci

nella mente bisognerebbe inventare dei passaggi a livello, per evitare, per esempio, che un desiderio vada sotto a una paura.

l’umanità tende alla vermità, e viceversa

la medicina è l’arte di confondere le idee alla morte

le malattie si dividono in due categorie: quelle che guariscono anche senza farmaci, e quelle che non guariscono nemmeno coi farmaci

sarebbe bello uscire dalla vita con un gesto semplice, come si leva il tappo del lavandino

le donne esistono in modo imparaticcio

scrivere, è appoggiare l’ orecchio sulla morte

dire 2+2 fa 4 è guardarsi. scrivere è guardarsi

in amore è dovuto ciò che è voluto, ma è voluto ciò che non è dovuto

a un certo punto ho deciso che il mio corpo ero io. prima ero una successione di cose, una collezione di cose. la lingua che sono, se c’era, migrava da una cosa all’altra, da un punto all’altro del mondo. poi questo altruismo indifferenziato si è rivelato forse instabile. ma è restata la passione, la nostalgia delle cose che sono stato

io sono il lungo, interminabile deposito di tutti questi atti, di tutti questi istanti che furono pieni, e che mi riempirono e costituirono. io sono questa sovrapposizione inconoscibile, di tutto ciò che è accaduto, e non solo a me, e non solo qui. io sono questa massa incalcolabile, spaventosa. e io sono la perdita, ma poi la trasformazione di tutto ciò in me, la solidificazione del tempo in carne ed atti e volizioni. io sono questo punto che si perde in se stesso, e che non ha controllo, cognizione e sentimento di sé, essendo troppo vasto, illimitato e insondabile

tutto aspira alla bellezza, perchè solo alla bellezza è concessa l'inerzia

effetti delle donne sul sangue. a. fa aumentare la luce. la passante di stamattina lo ha reso schiumante. b. lo intiepidisce. c. lo rende acquoso, più torrenziale. qualcuna lo fa oscuramente greve, violaceo, torbido

il tuo corpo è solo il segnale degradato, indebolito, di qualcosa di remoto, a cui cerco di risalire.
darti un bacio, strisciare le labbra sul tuo corpo, è solo un'auscultazione, un tentativo di captare il segnale.
la bocca è uno strumento sofisticato di scansione e rilevazione del mondo, in quelle sue pieghe verticali e profondissime che sono i nostri sentimenti

eros, avventura della tattilità, scoperta di altre temperature, di altre consistenze, di altri volumi – la meraviglia di un’altra corporeità, oltre la nostra. (che esista qualcosa di misteriosamente corporeo, come noi, oltre noi)

la potenza che percepisco nell’altro, è la sua capacità di violare la logica e esistere, è quella che lo può rendere numinoso, divino ai miei occhi (l’innamoramento è la rivelazione di questa potenza)

dio aveva infinite case, e ogni istante ne abitava una. quella sera passò per una puttana negra, con la gonna corta, in piedi sul lungomare

ogni vera passione produce una fiammata di luce e calore che incrementa il mondo

nella passione si stabilisce nella sua forma pura il rapporto fra un io che sente e un oggetto che esiste

dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, tranne i contorni

qui siamo tutti vivi, sembra. ci frequentiamo solo fra noi vivi. vivi di qua e di là, nemmeno un morto mai. vivi, cioè gente attiva, gente dinamica. nessuno dà segni di putrefazione, nessuno è rigido, nessuno ci racconta niente dell’aldilà. qui siamo tutti vivi e vegeti

dio è vivo e vegeto, ma il suo vegetare è invisibile, la sua vita è incomprensibile. solo a volte si infiltra, sottilmente, pervasivamente, nei blocchi compatti delle nostre vite, generando delle finissime ma micidiali incrinature

queste parole sono semplicemente le mie posture nel mondo

tutto è esattamente contenuto nei suoi contorni, nelle sue dimensioni, nelle sue disposizioni.
tutto, però, fa leggermente pressione fuori di sé.


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